Intervento del Presidente della FNISM

Il Presidente, in apertura del suo intervento tenuto a conclusione della prima giornata, ha rivolto i saluti della FNISM alla folta assemblea dei partecipanti e manifestato un sentito ringraziamento alla Presidentessa Prof.ssa Simonetta Ulivieri e al Direttivo della SIPED per gli auguri rivoltigli personalmente oltre che mediante il sito ufficiale della Societa' Italiana di Pedagogia a seguito della sua elezione nell'ambito del Congresso straordinario del 22 novembre 2015.
In coerenza con i contenuti trattati da quanti lo avevano preceduto, il Presidente ha focalizzato alcuni aspetti riguardanti la ridefinizione dei percorsi di formazione iniziale, l'accesso alla funzione, l'apprendimento e la riqualificazione in servizio degli insegnanti, con riguardo a dibattito che si sta svolgendo su tale complessa tematica, alla vigilia dell'emanazione del previsto decreto legislativo.
Con riferimento alla funzione docente nella scuola dell'infanzia e primaria, il Presidente ha evidenziato il valore intrinseco del percorso formativo universitario a ciclo unico quinquennale, certamente apportando le necessarie modifiche con riguardo alla caratteristiche e alle specificita' degli alunni chiamati a frequentare i due diversi gradi di scuola e introducendo un dispositivo che permetta adeguamenti in progress dei piani di studio rapportati alle Indicazioni Nazionali che, com'e' noto, vengono emanate dal MIUR con sistematicita' e in sintonia con l'evoluzione delle conoscenze e con lo sviluppo della ricerca in campo scientifico.
Interpretare in chiave unitaria il percorso formativo iniziale dell'insegnante di scuola dell'infanzia e primaria richiama l'idea laica e progressista di quanti, nel passato, si sono impegnati affinche' nascesse la scuola dell'infanzia statale sorta soltanto nel 1968 con l'entrata in vigore della Legge n. 444 dopo accesi contrasti e scontri culminanti, addirittura, con la caduta di governi come quello a suo tempo presieduto da Aldo Moro.
Di certo, viene condivisa l'idea del sistema educativo integrato, frutto dell'elaborazione pedagogica piu' illuminata che non puo' essere soppiantata da termini ridimensionanti e di taglio burocratici come quello di polo educativo e polo di istruzione. Proprio su tale sfondo le diverse istituzioni che si prendono cura e, soprattutto, si spendono per l'educazione delle prime eta' della vita dovrebbero ottenere spazi da gestire nel pieno rispetto del dettato costituzionale.
I nidi per i bambini in eta' da zero a tre anni dovrebbe essere diffusi e generalizzati, superando il monopolio privatistico e dei Comuni, aprendo allo Stato la possibilita' di intervenire anche in tale settore, a garanzia della fruibilita' di un servizio fondamentale ai fini del soddisfacimento del diritto all'educazione per i cittadini sin dalla nascita.
Nell'ambito del servizio formativo pubblico, delineato dalla Legge Berlinguer sulla parita', dovrebbero operare educatori qualificati, tutti in possesso dei titoli indispensabili previsti dall'ordinamento vigente.
Per il percorso formativo iniziale dell'educatore del nido e' opportuno pensare a un apposito corso di laurea e alla valorizzazione della laurea triennale in Scienza dell'Educazione, gia' diffusamente posseduta sul territorio nazionale con scarsi spazi di spendibilita' del titolo. Per i nidi necessita prefigurare forme di accesso, di apprendistato e di conferma nei ruoli analoghe a quelle gia' ipotizzate.
Sul versante del I e del II ciclo di istruzione, per il percorso formativo iniziale dell'insegnante, e' indispensabile integrare le tre forme di preparazione attraverso una laurea disciplinare triennale a cui far seguire un percorso biennale che inglobi la preparazione pedagogica e didattica con quella socio-relazionale.
Non e' da sottovalutare il fatto che qualsiasi unilateralita' o sottovalutazione di una di queste forme di preparazione e' destinata a indebolire la formazione del docente.
Altra forma di integrazione imprescindibile e' quella riguardante le discipline del corso di studi, i laboratori e il tirocinio diretto e indiretto da attivare, questi ultimi, sin dal biennio della laurea magistrale entro cui configurare almeno 18 crediti formativi universitari.
L'accesso alla funzione docente non puo' prescindere da forme selettive rigorose a cui far seguire una fase di apprendistato con accertamento finale per la conferma nel ruolo a tempo indeterminato.
Per quanto concerne la figura dell'insegnante di sostegno non si puo' prescindere dal considerare la realta' dalla quale muoviamo: disponiamo di un numero di docenti specializzati che lavorano con rapporto a tempo indeterminato superiore alle novantamila unita'. Alcune migliaia di loro sono state reclutate in tempi recenti e tanti aspiranti risultano attualmente impegnati nei percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attivita' di sostegno didattico agli alunni con disabilita' (D.M. 30 settembre 2011).
L'ipotesi di una laurea specialistica mirata all'integrazione degli alunni disabili certificati potrebbe configurarsi come eccessiva soprattutto allorquando si prospetta il superamento della "coppia inossidabile" insegnante di sostegno-allievo disabile.
Pur rigettando la figura di un docente specializzato "underground", bisogna tratteggiare per il futuro il profilo di uno specialista a cui affidare il supporto e il coordinamento in precipui ambiti di intervento con riferimento alle principali forme di sostegno riconosciute dai Paesi dell'U.E., con riguardo agli ambiti di intervento tra cui la diffusione e l'approfondimento delle informazioni (comprese quelle di natura scientifica e metodologico-didattica sui casi specifici e concreti), le selezioni del materiale didattico, l'elaborazione dei piani annuali per l'inclusione e dei piani personalizzati, l'aiuto diretto agli alunni e il raccordo con il territorio. E' materia che puo' continuare a riguardare percorsi di specializzazione non necessariamente prefigurati come riflettenti i corsi di studio mirati al conseguimento di una specifica laurea.
Non secondario appare, invece, il discorso sui bisogni educativi speciali (BES) affrontato a livello internazionale dall'O.N.U., dall'O.C.S.E., dall'UNESCO e che da noi assume particolare rilevanza in quanto, inquadrando il fenomeno da un angolo visuale politico-istituzionale, appare come la reale anticamera della dispersione scolastica, che e' il vero mostro da debellare.
Ne consegue che anziche' risultare eccessiva l'attenzione rivolta ai BES, essi meritano una considerazione che incida coerentemente anche sulla tipologia dei crediti formativi universitari da includere nei percorsi formativi per chiunque aspiri ad accedere alla funzione docente.
Ultima considerazione: i problemi sollevati dalla L. n. 107 sono tali da non poter prescindere dall'immaginare ulteriori e incisivi interventi di riforma sul riordino dei cicli e, di conseguenza, indirizzati anche alla ridefinizione delle classi di concorso. Per quanto ci riguarda, ribadiamo la nostra piena disponibilita' ad offrire un contributo di idee in chiave costruttiva per la difesa e il potenziamento della scuola pubblica, della scuola di tutti, della scuola della Repubblica.
A cio' puo' valere un forte raccordo tra le Associazioni professionali della scuola e quelle del mondo accademico e della ricerca scientifica nel campo delle scienze dell'educazione come la Siped, la Sird e la Sipes di cui pure ci onoriamo di appartenere.